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PAUPERISMO
Insorgere periodico di miseria endemica in larghi strati della popolazione, in seguito a guerre, carestie o epidemie, dall'inizio dell'età moderna. Affrontato nei paesi cattolici, dopo il concilio di Trento, attraverso l'istituzionalizzazione dell'assistenza caritativa ai poveri, in quelli protestanti fu invece oggetto dell'iniziativa statale, di pari passo con la "liberazione" del proletariato dai vincoli rurali (servitù e usi comuni) e urbani (gilde) che accompagnò le origini della rivoluzione industriale. Tipico il caso, infatti, delle Poor Laws promosse in Inghilterra tra 1597 e 1601 per trasformare la carità in rieducazione al lavoro. L'incremento demografico, la proletarizzazione della popolazione contadina e dei ceti artigiani, l'introduzione delle macchine e il massiccio impiego delle donne e dei fanciulli negli opifici furono tutti fattori che provocarono nell'Europa della prima industrializzazione un forte incremento dell'offerta di manodopera sul mercato del lavoro. Questa ampia disponibilità di forza lavoro, che venne a costituire quello che K. Marx definì l'esercito industriale di riserva, implicava non solo la presenza costante di larghe fasce di disoccupazione, ma consentiva anche ai padroni delle manifatture, in base al libero gioco della domanda e dell'offerta e ancora in assenza di organizzazioni di difesa degli interessi della classe operaia, di mantenere bassissimi livelli salariali. L'elevata aliquota di manodopera disoccupata o occupata solo precariamente era quindi funzionale, almeno nella fase iniziale dell'industrializzazione, allo sviluppo della produzione manifatturiera, in quanto permetteva di comprimere il costo della forza lavoro. La precaria situazione della manodopera era inoltre aggravata dai processi d'incipiente concentrazione industriale e dal manifestarsi di frequenti crisi di sovrapproduzione, con la conseguente espulsione di forza lavoro dal processo produttivo. Attestata sul livello minimo di sussistenza e soggetta alle fluttuazioni congiunturali del ciclo capitalistico la popolazione operaia viveva continuamente sulla soglia della povertà. Del problema si fecero carico le istituzioni statali, alternando provvedimenti repressivi a livello legislativo, quali il divieto del vagabondaggio e dell'accattonaggio e la reclusione forzata nelle case di lavoro per gli indigenti atti al lavoro, a misure caritatevoli in favore delle categorie di poveri ritenute meritevoli di assistenza (vecchi, bambini e malati). Questo atteggiamento ambivalente era il risultato di una concezione morale della povertà, dal retaggio antico ma diffuso anche tra i teorici della scuola liberistica classica, che vedeva in essa la manifestazione della pigrizia delle classi subalterne piuttosto che l'inevitabile costo sociale della prima industrializzazione.

A. Daltri

J.P. Gutton, La società e i poveri, Mondadori, Milano 1977; Storia dei poveri. Pauperismo e assistenza nell'età moderna, a c. di A. Monticone, Studium, Roma 1985; C. Lis, H. Soly, Povertà e capitalismo nell'Europa preindustriale, Il Mulino, Bologna 1986; B. Geremek, La pietà e la forca. Storia della miseria e della carità in Europa, Laterza, Bari 1986; S.J. Woolf, Porca miseria. Poveri e assistenza nell'età moderna, Laterza, Bari 1988.
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